Non credo in nessun tipo di divinità e non venero nessun testo “sacro” – a parte il profanissimo On The Road di Kerouac. Anzi, ogni opera di Kerouac. Va bene, ogni singolo prodotto della Beat Generation. E poi c’è Hemingway. Sarebbe bellissimo se il viaggio nel tempo esistesse nel mondo reale. Sicuramente mi farei un viaggetto a Cuba a metà anni ’50, mi berrei mille mojiti al bancone della Bodeguita del Medio, con Ernest che mi declama Il Vecchio e Il Mare. E poi, con un piccolo salto un pochino più indietro nel tempo, mi farei trovare a Des Moines, Iowa, giusto in tempo per l’arrivo di Kerouac. Perché a Des Moines? Perché lì vivono le ragazze più belle del mondo, che domande!
Ora che vi siete fatti una mezza idea delle mie ossessioni letterarie, con un volo pindarico – ma non troppo – posso arrivare a una delle mie ossessioni digitali: Indiewire. Un magazine online di cinema (perlopiù indipendente). Su Indiewire, ogni volta che ho un attimo di tempo libero, leggo appassionatamente soprattutto le interviste ai filmmaker emergenti e indipendenti. Mi capita di farlo più che altro la mattina. Una cosa che forse non sapete di me è che mi sveglio molto presto. E vado correre. Spesso esco di casa che il sole ancora dorme. Ogni mattina, poi, amo dedicare una mezz’ora abbondante alla colazione e alla lettura. Se ho tempo anche di più. Io godo così: corsa, caffé e cinema.
Ma torniamo a noi, oggi tendo a perdermi in digressioni.
Proprio stamattina leggevo la bellissima intervista alla filmmaker francese Mia Hansen-Løve, ora alla Berlinale con Things to Come (L’Avenir). Un film raffinato che vede la sempre carismatica Isabelle Huppert nei panni di un’insegnante di filosofia la cui vita va in frantumi quando il marito la lascia e la madre muore.
Una cosa fondamentale da sapere sulla regista è che entrambi i suoi genitori insegnano filosofia. Molto della sua vita, in effetti, finisce nelle sue pellicole. Anche, del resto, i personaggi che va a raccontare.
I personaggi più giovani, nello specifico, sembra che provengano da un’altra epoca. Ma in realtà sono ispirati agli studenti della madre, con cui lei ha avuto modo di confrontarsi nel corso degli anni. La giovane generazione di studenti universitari raccontata dalla Hansen-Løve ha deciso, a un certo punto, di lasciare Parigi e trasferirsi in campagna per ragioni più che altro politiche. Una cosa, del resto, molto comune in Francia. Che non significa voler ricreare un’utopia. Non si tratta di un movimento. Ciascuno di loro è alla ricerca di nuovi ideali individuali.
Viviamo in un mondo dove pare si sia sempre costretti a scegliere tra brutale materialismo e fede incondizionata. Per questo l’idealismo è un concetto complesso da mettere in atto nella vita di tutti i giorni, e molte persone hanno finito per rassegnarsi. Ma alcuni non hanno mai mollato. La regista stessa lo ammette:
Tra i miei genitori e la mia educazione, credo molto nelle persone che cercano la libertà di per sé e la libertà di pensiero. Qualunque sia il caso, quelle sono le persone con cui riesco a connettermi di più. Sebbene non sia una gauchiste, una persona di sinistra, anche se non credo esattamente nei loro stessi ideali, solo il fatto che siano alla ricerca di qualcosa mi tocca.
E infatti Things to Come racconta la storia di una donna libera. Libera nella misura in cui può esserlo. Una donna che trova se stessa dopo aver perso tutto. È un film su come la libertà interiore ci aiuti nei momenti più cupi della nostra vita. E la filosofia è proprio di questo che parla.
Tornando come Pindaro a Hemingway, mi viene da pensare a come del resto anche lui abbia trattato temi quali la distruzione dell’idealismo e la perdita della fede. Ma scrisse anche che “un uomo può essere distrutto, ma non può essere sconfitto”.
Lungi da me, ora, fare paragoni tra il idolo e una giovane filmmaker francese. Ma credo che siamo tutti una banda di malinconici nostalgici. Un po’ disillusi, anche. Per citare Ernest:
L’uomo non trionfa mai del tutto, ma anche quando la sconfitta è totale quello che importa è lo sforzo per affrontare il destino e soltanto nella misura di questo sforzo si può raggiungere la vittoria nella sconfitta.