Sono una di quelle orribili persone che costringono gli amici ad andare mezz’ora in anticipo al cinema per vedere i trailer prima che cominci il film. E comunque chi evita i trailer è un mostro. Come quelli che bevono solo acqua, chi evita i trailer ha un segreto da nascondere. Forse il fatto di non riuscire a non finire i popcorn prima dell’inizio del film?
Sarebbe fichissimo se esistesse un cinema solo per i trailer. Ok, esiste e si chiama YouTube. Però – non so voi – io in casa non ho né confortevoli poltroncine in velluto rosso, né gloriosi buffet di caramelle gommose, né – ahimé – un’indubbiamente utilissima macchina per i pop-corn. Anche se, pensandoci bene, per rimediare a quest’ultima mancanza basterebbe anche solo una candela al profumo di popcorn.
Un trailer, in un certo senso, è come una lettera d’intenti. Una sorta di promessa. Come la quarta di copertina di un libro. Per cui mi arrabbio molto quando, a causa di un trailer schifoso, magari mi perdo un bel film al cinema. Viceversa, è immenso il disappunto quando, uscendo da una proiezione, mi rendo contro di aver appena perso dai 90 ai 120 minuti della mia vita per colpa (o merito, dipende dai punti di vista) di un trailer realizzato ad arte.
Certi trailer sono la versione cinematografica della petite veste noire di Chanel. Un capolavoro sartoriale. Peccato che poi, alla fine del taglia e cuci di tutti quelli a cui finisce tra le mani (montatori, produttori, registi, finanziatori, eccetera), il prodotto venduto nel trailer non sia proprio il prodotto venduto in sala. Qualche esempio a caso per me: Liberal Arts, Cloverfield, Tron, The Expendables, La Minaccia Fantasma. Avete presente quando si dice “era meglio il libro”? Ecco, era meglio il trailer. Trailer epici per film mediocri.
Il pericolo è molto più reale per i film d’azione e fantascienza. Per drammi e commedie molto spesso accade il contrario. Al trailer non dai 2 soldi, poi il film è una chicca. Magari ci scommetti andandotelo a vedere. Magari te lo perdi e cerchi disperatamente di recuperarlo. Magari non uscirà mai nel tuo paese, e allora cerchi un DVD su Amazon. Magari ti passano uno screener e hai l’occasione di vedertelo in super anteprima rispetto a quasi tutti i tuoi connazionali. Tipo Mistress America, uscito negli USA lo scorso Agosto e diretto da Noah Baumbach.
Di Mistress America sentii parlare a inizio anno, quando fu presentato al Sundance. Apro e chiudo parentesi velocissimamente: lo avete capito ormai che qui non si parla SOLO di nuove uscite, vero? Anche perché non so se questo film uscirà mai da noi, in tutta onestà.
La premiere del film è stata il 24 Gennaio, e due settimane prima la Fox Searchlight se n’era già accaparrata i diritti per la distribuzione MONDIALE . Dietro la macchina da presa c’è Noah Baumbach, newyorkese di Brooklyn, figlio di un critico cinematografico e di una reporter del Village Voice. Ora ditemi se avete mai sentito parlare di qualcuno con una predisposizione all’hipsterismo più peculiare di questa (a parte la gif qui sotto).
I film di Noah Baumbach, in effetti, trasudano una buona dose di hipsterismo. Da The Squid and the Whale (che vi consiglio caldamente) del 2005 – che gli è valsa diverse nomination, Golden Globes e Academy Awards inclusi – a Greenberg del 2010 (not bad), fino a While We’re Young del 2014 (che boh, mi ha lasciata un po’ così). Lo sapevate che Baumbach ha anche contribuito a scrivere la sceneggiatura di The Life Aquatic with Steve Zissou e di Fantastic Mr. Fox? Per il buon Baumbach ho deciso di scrivere un post a parte, perché credo che sia un personaggio molto interessante. A partire dal fatto che lui, 45enne, riesca a parlare ai millennial hipster meglio di film come 500 Days of Summer, Garden State, Juno, Blue Valentine e qualsiasi cosa firmata Lena Dunham.
Quindi non indugiamo oltre e torniamo alla questione dei trailer, che poi mia mamma si lamenta che i miei post sono troppo lunghi da leggere sull’iPhone. [Le ho appena letto questa frase e ha commentato “È vero!”]
Il trailer di Mistress America mi ha fatto venire il nervoso all’inizio, specialmente nel momento in cui alla protagonista, interpretata da Greta Gerwig, vengono messe in bocca queste parole, dopo che un’amica prova a immortalarne un bacio:
L’orticaria. L’orti-fucking-caria. Anche perché ti aspetti un film paraculo, a metà tra romanzo di formazione, dramma familiare e commedia smart. Non spenderesti i soldi di un biglietto. Ne aspetteresti l’arrivo a noleggio su iTunes, magari, o chiederesti una copia in prestito a qualcuno.
Poi un giorno ti arriva uno screener via mail. Not what you’d expect c’è scritto nel testo della mail dall’amico d’oltreoceano. Schiaccio play tappandomi il naso. Ci ho messo molto meno dell’ora e ventisei minuti di durata per ricredermi. E poi, come se non bastasse, scopro che su Rotten Tomatoes gli hanno dato un bell’82% e un 75% su Metacritic. Basta per convincervi? Qui c’è chi ve ne racconta la trama.
Morale della favola: MAI sottovalutare il potenziale di un trailer. Dietro quella serie di inquadrature tagliuzzate e rimontate insieme più o meno egregiamente potrebbe nascondersi il più grande film di tutti i tempi. O la sola più deludente d’Europa. Qui sotto vi regalo, il trailer del film. Sul canale YouTube della Fox Searchlight c’è una playlist con un sacco di altri contenuti interessanti: la trovate qui.