Il non-stereotipo che trionfa

Sapete cosa significa dope? Subito dopo le animazioni dei distributori e delle case di produzione,  Rick Famuyiwa piazza sullo schermo le tre anime del film, nonché declinazioni della parola che lo titola.

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In poche parole, Dope racconta la storia di Malcolm, un ragazzo ossessionato con la cultura hip-hop anni 90, che vive a LA e frequenta l’ultimo anno di liceo. Fin qui uno potrebbe benissimo pensare: beh, cosa c’è di tanto speciale?

C’è che Malcolm ha tutte le caratteristiche per poter essere definito uno stereotipo, come lui stesso ammette al preside della scuola durante un colloquio: è afroamericano, suo padre l’ha abbandonato da piccolo, è stato cresciuto dalla madre single in quartiere abbastanza malfamato di Los Angeles… MA C’È UN MA. Malcolm è un geek, un secchione pazzesco con ottimi voti, che da grande non vuole diventare un druglord, ma andare al college. E non in un college qualsiasi: Malcolm vuole andare ad Harvard.

Malcolm è pazzamente innamorato di Nakia, interpretata da Zoë Kravitz. Ah, un’altra cosa super dope di questo film è lo stile della Kravitz. Anche lei vive circondata da gang e corteggiata da spacciatori. Ma preferisce passare il suo tempo libero a studiare, meglio ancora se aiutata dal nostro pavido protagonista. È per lei – e a lei – che Malcolm dovrà provare davvero di non essere come tutti gli altri del quartiere, specialmente dopo venire coinvolto – un po’ per sbaglio, un po’ per distrazione, un po’ per ingenuità ma un po’ anche per sfiga – in un fattaccio brutto brutto di spaccio.

Per noi che siamo così lontani da quella realtà, tutto questo potrebbe voler dire poco. Ma pensateci bene. In quanti film in cui si parla di droga e gang nei quartieri periferici delle grandi metropoli americane avete mai trovato un tipo come Malcolm?

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In un’intervista, Zoë Kravitz ha detto: “Ogni sceneggiatura che ricevo riguarda la “cultura black”. I ruoli per le donne di colore sono molto ripetitivi. Ha presente la scena del film in cui Malcom va dal preside? Questo gli dice che, se vuole essere ammesso all’università, nella lettera di presentazione deve raccontare la solita storia del povero ragazzo nero con madre single… A me succede lo stesso, mi propongono sempre la storia della ragazza cresciuta in un quartiere degradato che vuole emergere eccetera, eccetera. Non che non sia importante, ma i neri non sono solo questo. Io non mi ci identifico.”

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